Città della Spezia: Speciale Premio Exodus – La gabbia di Shirin Ebadi
8 Ottobre 2010
La Spezia. "Se non potete eliminare l'ingiustizia, almeno raccontatela a tutti". Alì Shariati forse l'hanno ammazzato, o perlomeno è sparito in circostanze misteriose all'alba della Rivoluzione islamica. Gli avevano permesso di ritornare nel suo paese e poco dopo era ripartito per Southampton. Attacco di cuore o alla libertà. Chissà. Era un sociologo, uno dei teorici dell'Islam, che viveva e moriva ogni giorno, un po’ per volta, tra i giovani studenti del suo paese o tra i meno giovani della Shah's, la polizia segreta. Se cercava qualcuno che tramutasse il suo credo, le sue parole, l'ha trovata nel suo grande paese, quella che resta la Nobile Persia, lo sventurato Iran.
Shirin Ebadi, premio Exodus, nelle prossime settimana alla Spezia, ne parla curiosamente all'inizio ed alla fine della sua Gabbia d'oro, un libro che una donna coraggiosa deve ad un'altra donna coraggiosa; Parì, l'amica d'infanzia, alla quale l’Iran oggi non può più togliere nulla, visto che tutto ha sottratto in termini di affetti e di beni. La gabbia è immensa quando l'Iran, è stretta come una cella di tre metri per due che stringe il corpo di Shirin, è larga quanto i giacimenti di Petrolio che gli inglesi una volta dominavano; è corta quanto la vita dei dissidenti. ha dimensioni che variano giorno dopo giorno, la verità è questa. Shirin è viva per miracolo, o forse per un Ramadam, L'avevano condannata a morte quelli della SOS, dell'Intelligence del governo iraniano che piano piano stavano per far fuori tutti gli intellettuali. Tante scomparse, tanti lutti creati, fino a che i diciotto componenti della squadra operazioni speciali furono tutti arrestati dal Governo stesso, per aver agito in "devianza" dai servizi segreti stessi."Mentre svolgevo le ricerche da avvocato, rappresentando la famiglia Forouhar e di Parvaneh , che aveva partecipato con me alla conferenza sui diritti delle donne a Seattle, scoprii che il mio nome era il successivo nella lista degli oppositori del regime da far morire".
Ma le esecuzioni erano state stoppate per il Ramadam ed il presidente di allora Khatami, forse tardivamente, era già intervenuto per metter fine alla incresciosa situazione che stava raggiungendo l’apice su tutti i giornali stranieri e presso l'opinione pubblica internazionale. Assassini senza volto l'avrebbero fatta sparite, e magari rimaterializzata morta alle soglie del deserto. "Quel male che è una mente ristretta" racconta uno dei protagonisti familiari del libro, è il male dell'Iran che ti insegna il carcere nella maniera più dura, solo perchè, come ha fatto Shirin, aveva accusato con prove la Polizia, dell’uccisione di un ragazzo in uno studentariato:"Accusare la polizia non è mai una buona idea nella Repubblica islamica dell'Iran". Le Sue storie dimostrano come soprattutto, quella rivoluzione abbia cambiato la vita di ogni uomo e donna di quel Paese, disperdendo per strade diverse non solo i fratelli di Parì, con Shirin la protagonista non unica del testo, rendendoli nemici, famiglia per famiglia, sangue per sangue. Mai resta in controluce la storia dell’ascesa, all’alba questa volta della Repubblica, di Ahmadinejad, con il quale Shirin ha a che fare, quando lui era solo sindaco di Teheran. In ogni parola c’è un grido di denuncia e di scandalo, perché la vessazione di Shirin è quella di un popolo che ragiona, che sa cos’è la tortura bianca. “Hai mai pensato Shirin di lasciare l’Iran?”, chiede Parì:”No, di certo no, è il mio paese e lo amo nonostante tutto” . “Ma hai una vita sola, non sarebbe un dovere viverla nel modo più felice?”. ”Non sarei mai felice altrove”. Poi tra le righe spiega quando la terra trema tra fratelli di sangue. Nel 2003 la Ebadi ha ricevuto il premio Nobel per la pace, ed ha sempre continuato a battersi per la democrazia, con una intensissima attività di propaganda nel suo paese ed altrove. "Se non potete eliminare l'ingiustizia, almeno raccontatela a tutti". Lei l’ha fatto, tra tanti soli e troppe notti.
Alzatevi ad applaudirla, gente libera.
Shirin Ebadi, premio Exodus, nelle prossime settimana alla Spezia, ne parla curiosamente all'inizio ed alla fine della sua Gabbia d'oro, un libro che una donna coraggiosa deve ad un'altra donna coraggiosa; Parì, l'amica d'infanzia, alla quale l’Iran oggi non può più togliere nulla, visto che tutto ha sottratto in termini di affetti e di beni. La gabbia è immensa quando l'Iran, è stretta come una cella di tre metri per due che stringe il corpo di Shirin, è larga quanto i giacimenti di Petrolio che gli inglesi una volta dominavano; è corta quanto la vita dei dissidenti. ha dimensioni che variano giorno dopo giorno, la verità è questa. Shirin è viva per miracolo, o forse per un Ramadam, L'avevano condannata a morte quelli della SOS, dell'Intelligence del governo iraniano che piano piano stavano per far fuori tutti gli intellettuali. Tante scomparse, tanti lutti creati, fino a che i diciotto componenti della squadra operazioni speciali furono tutti arrestati dal Governo stesso, per aver agito in "devianza" dai servizi segreti stessi."Mentre svolgevo le ricerche da avvocato, rappresentando la famiglia Forouhar e di Parvaneh , che aveva partecipato con me alla conferenza sui diritti delle donne a Seattle, scoprii che il mio nome era il successivo nella lista degli oppositori del regime da far morire".
Ma le esecuzioni erano state stoppate per il Ramadam ed il presidente di allora Khatami, forse tardivamente, era già intervenuto per metter fine alla incresciosa situazione che stava raggiungendo l’apice su tutti i giornali stranieri e presso l'opinione pubblica internazionale. Assassini senza volto l'avrebbero fatta sparite, e magari rimaterializzata morta alle soglie del deserto. "Quel male che è una mente ristretta" racconta uno dei protagonisti familiari del libro, è il male dell'Iran che ti insegna il carcere nella maniera più dura, solo perchè, come ha fatto Shirin, aveva accusato con prove la Polizia, dell’uccisione di un ragazzo in uno studentariato:"Accusare la polizia non è mai una buona idea nella Repubblica islamica dell'Iran". Le Sue storie dimostrano come soprattutto, quella rivoluzione abbia cambiato la vita di ogni uomo e donna di quel Paese, disperdendo per strade diverse non solo i fratelli di Parì, con Shirin la protagonista non unica del testo, rendendoli nemici, famiglia per famiglia, sangue per sangue. Mai resta in controluce la storia dell’ascesa, all’alba questa volta della Repubblica, di Ahmadinejad, con il quale Shirin ha a che fare, quando lui era solo sindaco di Teheran. In ogni parola c’è un grido di denuncia e di scandalo, perché la vessazione di Shirin è quella di un popolo che ragiona, che sa cos’è la tortura bianca. “Hai mai pensato Shirin di lasciare l’Iran?”, chiede Parì:”No, di certo no, è il mio paese e lo amo nonostante tutto” . “Ma hai una vita sola, non sarebbe un dovere viverla nel modo più felice?”. ”Non sarei mai felice altrove”. Poi tra le righe spiega quando la terra trema tra fratelli di sangue. Nel 2003 la Ebadi ha ricevuto il premio Nobel per la pace, ed ha sempre continuato a battersi per la democrazia, con una intensissima attività di propaganda nel suo paese ed altrove. "Se non potete eliminare l'ingiustizia, almeno raccontatela a tutti". Lei l’ha fatto, tra tanti soli e troppe notti.
Alzatevi ad applaudirla, gente libera.
08/10/2010 16:01:18
Armando Napoletano
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