Orazione ufficiale del Sindaco della Spezia Massimo Federici

Ondine

20 Novembre 2012


paolo mieli premiato per exodus 2012Un benvenuto a tutti. E grazie. Per essere qui oggi e per la partecipazione di questi giorni. Un grazie a Paolo Mieli che tra poco premieremo, a Rav. Roberto della Rocca in rappresentanza dell’UCEI che, anche quest’anno, ci ha onorato del suo patrocinio, alla Regione Liguria per continuare a credere in questo evento e a Riccardo Barbarini, direttore Generale della banca Regionale Europea di cui fa parte il Banco di San Giorgio che ha voluto continuare a sostenere questa operazione culturale.


 


Un caro saluto a Giuseppe Laterza che è qui con noi che, con i suoi collaboratori, ci ha fornito una qualificata consulenza scientifica (oltreché organizzativa) che spero sia foriera di ulteriori sviluppi per la crescita e la riconoscibilità culturale di un evento come il Premio Exodus .


 


Lasciatemi infine, porgere un ringraziamento particolare alle scuole cittadine che, ancora una volta, hanno dato prova di essere, nonostante le difficoltà in cui si dibattono e per le quali cogliamo anche oggi l’occasione per porgere solidarietà e vicinanza, degli insostituibili motori di crescita della coscienza civile di questa comunità. Stamani tantissimi ragazzi, tutti insieme, in questa sala hanno partecipato a una bella lezione di storia e anche sabato e domenica, nonostante fosse sabato e domenica, la presenza dei ragazzi non è mancata.  

 

 


Sono state tre giornate importanti. Si sono aperte con la menzione speciale ad Amelio Guerrieri, comandante partigiano di Giustizia e Libertà, che rappresenta un vanto per questa città. È stato un momento di grande emozione collettiva. Amelio, pensava solo a loro, perché era giusto così, era giusto farlo. e basta. Questo è lo spirito più autentico di Exodus.  


 


Nonostante i tempi di spending review, dunque, quest’anno siamo riusciti a compiere un’operazione culturale dai connotati ben definiti. Abbiamo posto al centro memoria e dignità e il legame che, come ci insegna la nostra storia, questa nostra storia, le lega inscindibilmente.


La dignità come “senso estremo di ciò che chiamiamo umano, prima e dopo ogni consapevolezza antropologica, biologica, scientifica di noi stessi” (moni ovadia), quella consapevolezza del senso umano, come la chiama  Liliana Segre, che fece riconoscere fratelli gli spezzini di una città stremata e distrutta e i profughi ebrei dei campi di sterminio che trovarono una città gentile e,anche per questo calore che trovarono attorno a sé, partirono con speranza verso la terra dei padri, Israele. E la memoria, la memoria non come celebrazione retorica, ma come esercizio attivo di consapevolezza storica, di consapevolezza della complessità della storia. E scopriamo che dignità e memoria sono un intreccio inestricabile.

 


La memoria quindi anche nel non suo essere scontata e, talora, perché no?, scomoda.


 


Per questo ho colto immediatamente la sfida culturale, intellettuale che Paolo Mieli (che non ha bisogno di presentazioni) ci ha lanciato quando ci ha proposto di affrontare un tema per niente facile, spinoso e controverso come il rapporto tra la sinistra italiana e la questione ebraico-israeliana.


 


E sta proprio in questa sua capacità di affrontare questioni così controverse, di affrontare sfide culturali non semplici, di indagare la complessità, la ragione per cui abbiamo deciso di conferire  proprio a lui il Premio Exodus in questa dodicesima edizione.  Il Premio Exodus 2012 –come recita la motivazione – va a Paolo Mieli,  “per la sua attività pubblicistica che, nella lettura del tempo presente e dell’attualita',  ha costantemente richiamato la dimensione della "Storia", con il riferimento al tempo profondo degli avvenimenti e l'uso e dei modelli d'indagine e interpretativi della ricerca. In ciò dedicando particolare attenzione critica al dialogo tra le ragioni storiche della nascita dello stato d'Israele e  le tensioni tra i popoli e le nazioni dell'area medio-orientale e al rapporto tra le correnti filosofico-politiche della cultura e della società italiane. Nella comprensione non pregiudiziale della dimensione  storica dei fatti determinandosi l'unica reale possibilita' di dialogo, incontro e risoluzione dei conflitti e delle identita'

 

 


Dicevo il tema scelto. Per un caso Exodus va a coincidere con queste giornate di crisi gravissima. Mai avremmo pensato che in questi giorni tornasse di così scottante attualità.  La sinistra posta di fronte ancora una volta alle contraddizioni della propria ambivalente posizione. La nuova fiammata nel conflitto tra Israele e Gaza, tra Israele e Hamas innanzitutto. Ma non solo. Meno di una settimana fa quel tema (quello che è al centro dell’incontro di oggi), quel tema non risolto è tornato a manifestarsi. Perché – mi chiedo –quei fischi, quei cori, quegli sputi da parte di alcuni manifestanti  contro la sinagoga, il Tempio Maggiore di Roma il 14 novembre scorso, in occasione dello sciopero europeo contro l’austerità?

 


E’ giunto il momento, penso, di fare i conti con quella storia. Anche perché oggi abbiamo di fronte un Medioriente profondamente cambiato.


Perché risulta ancora oggi così difficile affermare con chiarezza, senza equivoci e ambiguità, il diritto di Israele ad esistere?


 


Perché il punto vero è questo. E se si afferma ciò non significa non poter e dover porre critiche legittime alla politica dei governi di quel Paese, al governo Netanyau, anche in questi giorni. Tenere distinti i piani, sempre e bene, per evitare gli equivoci che questa storia non risolata, quella del rapporto tra sinistra e Israele, ci consegna.

 


Nel corso di tutti gli anni successivi la nascita dello Stato di Israele, infatti, nella sinistra politica spesso la linea di confine fra la legittima posizione di dissenso dalla politica dello Stato di Israele e la messa in discussione della legittimità stessa alla sua esistenza  non è stata così netta. Basti pensare all’aperta ostilità verso Israele a fondo del famoso rapporto Pajetta (1970), per molti anni  vera e indiscussa autorità sui temi della politica mediorientale del PCI.  Passeranno tanti anni prima che questa posizione venga messa seriamente in discussione. Sarà Giorgio Napolitano con alcuni altri dirigenti (Fassino, Veltroni) a contrastare quell’impostazione,  fissando indiscutibilmente il principio del diritto di Israele ad esistere e ad esistere in sicurezza. E ad affermare naturalmente il diritto dei Palestinesi ad uno Stato.

 


Accettare  senza più ambiguità le ragioni della necessità storica di Israele, liberandosi una volta per tutte dai pregiudizi della guerra fredda e delle ideologie, solo così è possibile elaborare una nuova idea di convivenza tra i popoli e darsi una propria autonoma prospettiva non nemica né subalterna a quella americana. E’ il compito di una sinistra europea, occidentale che vuole giocare un ruolo nello scenario globale.

 


 


 


 


E veniamo appunto  a quello che sta accadendo in questi giorni, in queste ore.


 


Cosa ci dicono questi spostamenti di linea degli intellettuali israeliani o dell'intellighenzia ebrei italiani di sinistra, come Yehoshua o Amos Oz sul cui impegno a favore della soluzione “due popoli due Stati”, per la ricerca di una via di convivenza possibile con il popolo palestinese nessuno può avanzare dubbi?  


 


Leggere la storia , i torti e le ragioni degli uni e degli altri, senza la lente deformante del pregiudizio.  Ricostruire il senso delle cose partendo dalla complessità. Accettare la sfida della complessità.  Approfondire la storia, anche la più scomoda per capire e per contribuire alla causa della convivenza, della pace, del dialogo.

 


E’ necessario per agire oggi. Anche in queste ore, perché si arrivi ad una tregua .


 


Roberto Saviano ha scritto su FB, l’altro giorno, “Dolorosissime le notizie dal Medioriente. Fondamentale ora che i ragazzi di Occupy Tel Aviv, i media democratici israeliani e la società civile condizionino il governo israeliano affinché abbia termine l’aggressione israeliana a Gaza, affinché cessino i bombardamenti e Israele la smetta con le provocazioni. Fondamentale ora che i ragazzi arabi che hanno partecipato alla Primavera, che i giornalisti arabi, gli attivisti e i blogger condizionino Hamas a fermarsi, a smentire “l’inferno” promesso, l’inferno minacciato. E sarebbe un miracolo se qui, queste mie parole, riuscissero a innescare un dibattito costruttivo e non insulti e aggressioni (i soliti che ricevo dalle più ottuse frange: sionista, nazista, imperialista da un lato, filoarabo, filoterrorista dall'altro). Anche qui, rappresentiamo la comunità internazionale. Il nostro parere può avere un peso”. Con  questo spirito con Exodus La Spezia vuole continuare a dare un contributo, seppur piccolo, ma un contributo alla causa del dialogo e della convivenza. 

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